Ecco cosa ne è uscito...buona lettura!
Con il Tour de France inizia l’estate dei ciclisti.
Fa parte dei riti che cerchiamo per trovare sicurezza. Come in una religione, una celebrazione.
Il Tour de France è il rito di luglio per antonomasia per tutti i ciclisti. Il ciclismo nella sua essenza, quella del caldo raccontato da immagini in bianco e nero che, scorrendole, diventano a colori, in alta definizione e dettagli sempre più precisi. Come nei racconti per cui bastavano radio e fantasia e, oggi, abbiamo tutto lì, approfondito, ricercato, estrapolato e chiarito. Che non sfugga niente.
Eppure, il Tour continua a essere un racconto che esalta la fantasia, come un libro o una bella fotografia. D’altra parte chi avrebbe potuto scrivere, se non di fantasia, immaginando due fratelli gemelli al primo e secondo posto della tappa che premia sempre con la maglia gialla?
Il Tour de France è il rito del caldo, quello dell’estate che inizia esattamente al via, non fatevi ingannare dal calendario. Il Tour è l’estate, si corre a luglio, se ne parlerà ad agosto ancora, mentre si cerca la maglia giusta per non sentire il caldo. E quando si smetterà di parlarne sarà tempo mondiali, quindi quasi autunno.
Illusione o realtà?
Al Tour de France ci sono storie di secchiate d’acqua e di gregari che cercano le fontane e rubano l’acqua alle mucche, per fare prima, ma senza dirlo ai capitani di quel ciclismo in cui i colori dovevamo metterli noi. La fantasia del fresco cercato in ogni modo, tagliando maglie e cappellini. Oggi non più necessario grazie a tessuti che forzano l’aria sulla pelle. Ma i corridori sanno che non basterà mai. Il Tour de France fa rima con fatica e festa mentre altri coetanei sono già in vacanza. Loro con le sacche del rifornimento pronte di integratori programmati, sulle orme del ciclismo eroico che non faceva sconti e stupì anche un giovane giornalista de Le Petit Parisienne che scoprì, in un rifornimento di Bottecchia al Tour del 1923 sei uova, otto banane, tanta cioccolata, torta di riso, datteri e panini con la marmellata. Roba da fare invidia alle nonne di una volta per lo spuntino al mare dei nipotini. Ma poi tutti davanti alla tv per la tappa di oggi.
È partito il Tour, coreografia francese con 176 attori protagonisti.
Claudio Chiappucci e Nalini.
Fughe bidone, avventure e trappole al Tour de France.
Dieci minuti, roba da fuga di altri tempi per il ciclismo già moderno di quel 1990. Fu quello il vantaggio con cui gli attaccanti di giornata si presentarono sul traguardo di Futuroscope, seconda tappa del Tour de France che aveva un favorito su tutti: Greg Lemond, l’americano vincitore uscente della maglia gialla. Il bottino di minuti permise a quegli attaccanti di giornata di fare per parecchi giorni cosa loro di quel Tour de France atipico. Prima Bauer, poi Pensec, infine Chiappucci in maglia gialla a un passo dalla storia.
E Chiappucci, a fare la storia, c’era quasi riuscito, non fosse stato per quella trappola.
Sì, perché una corsa a tappe si vince di forza ma anche di intelligenza, di tattica. E di cartucce da sparare al momento giusto.
La cartuccia di Greg Lemond, mai decaduto da favorito per tutta la Grand bouocle del 1990 fu proprio Ronan Pensec, compagno di squadra dell’americano che, insieme a lui, strinse Chiappucci nella trappola. E così, dopo aver rosicchiato minuti su minuti al primato dell’italiano in montagna, fu proprio lo scatto di Pensec, vicino in classifica alla maglia gialla di Chiappucci, a sfiancarne le ultime energie per aprire la strada al trionfo di Lemond che gli era ormai sempre più vicino.
Lemond avrebbe vinto il suo terzo Tour de France, ma il mondo, ormai, aveva conosciuto Claudio Chiappucci, nato gregario, ma con l’istinto del campione.
Guido Rubino per Nalini
www.cyclinside.it